Helmut Newton, forse non tutti sono a conoscenza di questa figura controversa ed affascinante, del genio di quest’uomo e di quanto sia stato importante il suo contributo per lo sviluppo e la crescita della fotografia di moda moderna. Quello che una volta era considerato politicamente scorretto, grazie a lui, oggi è “porno-chic”.
Helmut Newton, pseudonimo di Helmut Neustädter, per i 100 anni dalla sua nascita, Metatrend celebra l’estro e l’unicità di questo artista eclettico che ha rivoluzionato in toto il modo di concepire la fotografia di moda e la realtà al di là dell’obiettivo. Nasce a Berlino il 31 ottobre 1920 da una famiglia ebrea, tedesco naturalizzato australiano, famoso in tutto il mondo per i suoi scatti di nudo femminile. Sin da piccolo dimostra un carattere anticonformista e ribelle, andando contro il volere del padre che avrebbe preferito per lui un lavoro più convenzionale e preconfezionato, una strada considerata da lui monotona e ripetitiva. All’età di 12 anni comincia a lavorare con la fotografa tedesca Yva, anche lei di origini ebraiche, rinomata per le sue immagini surreali ed oniriche, lavoro che sarà costretto ad abbandonare a causa delle leggi razziali naziste che lo porteranno a rifugiarsi a Singapore dove inizierà a lavorare per il “Singapore Straits Times”.
Un carattere difficile quello di Helmut, spesso dipinto come un uomo contraddittorio e provocatore, accusato più volte di misoginia per il contenuto dei suoi lavori. Molti però sono quelli che remano contro gli stereotipi costruiti intorno alla figura del fotografo; coloro che hanno lavorato con lui lo descrivono come un uomo professionale e ironico, dedito al suo lavoro, considerato da lui quasi come una vocazione o una missione. La fotografia di Helmut Newton è intima e allo stesso tempo sfacciata, diretta ma ricca di retroscena, sincera e priva di artifici.
Grande amante delle donne, protagoniste delle sue opere, che nonostante tutte le accuse a lui rivolte, sono forti e indipendenti, nude per loro volontà e non per saziare il piacere di altri, donne che sottomettono l’uomo e che non hanno paura di affrontarlo. Newton è metodico, segue schemi precisi, le modelle da lui selezionate sono accumunate dalle stesse caratteristiche, gambe chilometriche e spalle possenti, come se questi dettagli fossero la materializzazione di quella lunga strada che hanno dovuto percorrere per ricoprire il ruolo che tanto hanno bramato e del peso che hanno dovuto sopportare per raggiungerlo.
Le ambientazioni sono naturali e poco costruite, Newton non ama scattare all’interno di claustrofobici studi, preferisce spazi aperti e reali, sinceri come la storia che costruisce intorno ad uno scatto. Non sono foto statiche, le modelle non sono semplici modelle, sono attrici che interpretano una storia, viva all’interno della mente dell’artista; non amava circondarsi di troppe persone, quasi come ne fosse disturbato o infastidito, portava sul set solo quelle fidate, per ricreare intorno a se uno spazio senza tempo, in cui soggetto e artista coesistevano, con il solo artificio della macchina fotografica. Le foto sono per lo più spontanee, chiare e leggibili. Storyteller della fotografia, questo stile narrativo rimarrà una costante e firma riconoscibile dei suoi lavori. Gli anni 70 saranno la cornice perfetta per questo quadro, quando il movimento femminista si afferma a livello mondiale, il corpo nudo diventa simbolo di emancipazione e autonomia, in cui non esistono più giochi di ruoli.
La svolta arriva con Vogue, attraverso il quale riesce a far conoscere ad un numero ampio di persone i suoi lavori ed a ribaltare quella concezione in cui la fotografia di moda veniva considerata solo come sottocategoria di quella commerciale, facendola diventare invece protagonista di un sistema molto più ampio; una vera e propria rivoluzione in cui il mondo del fashion ritraeva tutto tranne quello che all’epoca veniva considerato di moda, l’abito non è più un accessorio indispensabile, bensì solo uno strumento per valorizzare le forme e il corpo delle modelle.
La sua fotografia è ripetitiva e maniacale, niente è lasciato al caso, ogni immagine si muove dal particolare al generale, con un atteggiamento quasi liturgico e metodico.
Newton abbatte molti tabù, affrontando spesso argomenti considerati dalla società scomodi. Il suo obiettivo è quello di normalizzare e neutralizzare lo sguardo nei confronti del nudo artistico, aggiungendo ai suoi scatti elementi forti, di natura feticista, trattando temi come quelli del sadomasochismo. Tacchi a spillo, collant, pellicce, sex dolls, intimo e seta, sono questi gli elementi più frequenti nei suoi scatti.
La donna che però Newton ha amato più di tutte le altre fu la moglie June Browne nota come fotografa con lo pseudonimo di "Alice Springs”; sempre presente sui set, June rappresenta la parte femminile del fotografo, fonte di grande ispirazione, modella personale per gli scatti più intimi, sceglie consapevolmente di abbandonare la sua carriera per seguire a pieno quella del marito, grande gesto d’amore per il quale Newton le sarà sempre riconoscente.
Muore il 23 gennaio 2004 in seguito a un incidente stradale. Sarà proprio la moglie a gestirne l’eredità, ispirando l’opera della fondazione Helmut Newton fondata a Berlino un anno prima del decesso.
“The bad and the beautiful” è il documentario uscito il 9 luglio 2020 in Germania, dalla regia di Gero von Boehm, in cui si ripercorre tutta la carriera del fotografo, i retroscena e le testimonianze di tutte quelle donne che hanno lavorato con lui e che sono state protagoniste delle sue opere, tra cui Catherine Deneuve, Grace Jones, Charlotte Rampling, Isabella Rossellini, Anna Wintour e altri.
di Miriam Miano